La Nuova Sardegna 17 - 09 - 2010
Sguardi d'antropologo sul mondo che cambia A Nuoro il Sieff 2010
Diciotto anni fa l’antropologo e documentarista australiano David MacDougall realizzò in Sardegna per l’Istituto regionale etnografico un documentario dal titolo «Tempus de baristas», un’inchiesta sulla crisi della pastorizia, già allora evidente. Il titolo nasceva dall’amara constatazione di un pastore sul futuro della propria attività, il deporre le armi di fronte alla mutazione inevitabile, nel giro di pochi decenni, di un lavoro millenario: «Cosa vuole che dica, sono tempi da baristi», diceva all’intervistatore. Un riferimento alla “riconversione” di molti, ma forse anche al turismo ormai imperante nelle coste che altro chiedeva se non camerieri. Diciotto anni dopo MacDougall è di nuovo in Sardegna, a Nuoro, assieme alla moglie e collega Judith, per curare un workshop di antropologia visuale sul lavoro degli artigiani, ma è capitato proprio nel bel mezzo della protesta dei pastori. La sua cinepresa ha cambiato dunque rapidamente inquadratura e sarà interessante vedere come il documentarista racconterà un movimento le cui ragioni hanno finalmente varcato i ristretti confini regionali.
MacDougall è uno dei giurati della Rassegna internazionale di cinema etnografico che da lunedì 20 sino a sabato 25 si svolge per la quindicesima edizione. Da qualche anno si chiama Sieff, acronimo di Sardinia International Ethnographic Film Festival, a conferma della dimensione sempre più importante assunta dal concorso nei quasi trent’anni di vita (si svolge ogni due anni).
Numeri, particolarità ed eventi speciali dell’edizione 2010 sono stati elencati ieri nella presentazione del festival dal presidente dell’Isre Salvatore Liori, insieme con il direttore Paolo Piquereddu e il consigliere Giampaolo Mele. Quarantanove opere in concorso provenienti da 25 nazioni, frutto di una selezione di 324 film e documentari giunti da tutto il mondo, molti dei quali hanno partecipato al concorso Avisa, dedicato a documentari di antropologia visuale, che l’Isre bandisce da alcuni anni. Un segno di quest’edizione, ma già di alcune precedenti, è che la distinzione tra documentario e film di finzione è definitivamente caduta, segno di come ormai sia accettato che anche i documentari abbiano un plot narrativo a fare da filo conduttore al filmato. È cambiato anche il mondo dei documentari di natura etno-antropologica, come è stato evidenziato ieri: in sostanza di pari passo con l’evolversi della società, forse perché oggi gli studiosi trovano elementi di uguale interesse nelle periferie urbane come in villaggi sperduti dell’America Latina o della Cina. È il caso che ha portato l’Isre a coprodurre «Tajabone», la docufiction diretta dal regista Salvatore Mereu con protagonisti studenti del quartiere di Sant’Elia a Cagliari, reduce dalla Mostra del Cinema di Venezia dov’era in concorso. Il film sarà proiettato sabato 25 all’auditorium del Museo etnografico in via Mereu, dove si svolge l’intera rassegna. Proprio da Venezia arriva un’altra presenza eccellente, il direttore della Mostra Marco Müller, protagonista nella stessa giornata di sabato di una conversazione con l’antropologo Pietro Clemente e con Aldo Morace, preside della facoltà di Lettere dell’università di Sassari.
Nel 2010 cade inoltre un anniversario importante per l’Isre. Sono infatti trascorsi vent’anni dalla morte di Diego Carpitella, uno dei padri della ricerca sulle tradizioni popolari italiane, in particolare musicali. Un pilastro dunque della ricerca etnografica, ma anche della rassegna nuorese, alla cui nascita e crescita collaborò attivamente. Carpitella verrà ricordato non solo formalmente, ma con il restauro già avviato di alcuni suoi documentari dedicati alla Sardegna ed entrati nella storia dell’antropologia visuale italiana. Inoltre un mese fa moriva Michele Ciusa, architetto nuorese, che è stato presidente dell’Isre e a lungo nel consiglio d’amministrazione: anche la sua figura verrà ricordata nel festival che apre lunedì a partire dalle 10 del mattino con le prime proiezioni di film, per un totale di circa cinquanta ore nell’arco dell’intera settimana