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LA NUOVA SARDEGNA - Il cinema che unisce i popoli



NUORO. Le steppe sconfinate della Mongolia, coi suoi pastori nomadi e i riti sciamanici hanno chiuso domenica la XIV Rassegna internazionale di cinema etnografico. L’Istituto superiore regionale etnografico ha voluto regalare un’ultima chicca al suo pubblico che, in sette giorni, ha avuto la fortuna di assistere a quanto di meglio è in grado di offrire il cinema a tema antropologico. L’edizione di quest’anno, a detta della giuria internazionale, composta da Beate Engelbrecht (IWF, Gottinga) Nasko Kriznar (Università di Lubiana), Judith MacDougall (Centre for Cross-Cultural Research della Australian National University, Canberra), Antonio Marazzi, (Università di Padova), Rossella Ragazzi, (Università di Troms@), è stata caratterizzata dall’altissima qualità e dalla ricerca approfondita che i film selezionati (38 su 326 pervenuti) hanno mostrato. Anche quest’anno è stata presentata una vasta scelta di soggetti e temi, con interessanti punti di vista antropologici e diverse varietà stilistiche. Segno che la formula “aperta”, introdotta dall’edizione del 2006 al posto della caratterizzazione monotematica, permette di avere una panoramica abbastanza esaustiva della produzione mondiale. Non dev’essere stato facile per la giuria scegliere i vincitori delle quattro sezioni. Alla fine il premio Grazia Deledda per il miglior film (10.350 euro) è stato attribuito al film tedesco del 2006 «Losers and winners» di Michel Loeken e Ulrike Franke, per la complessa elaborazione e approfondita ricerca durata oltre un anno con la quale si è rappresentato un episodio del moderno processo di globalizzazione capace di rendere un conflitto controllato tra operai e industriali tedeschi e cinesi, evitando al tempo stesso una polarizzazione emozionale che avrebbe oscurato le logiche delle parti. Il premio per il miglior film di autore sardo se l’è aggiudicato «G.I.O.C. Gioventù Operaia Italiana Cattolica», di Marina Anedda, che documenta lo sfratto da una chiesa di Stampace dell’associazione che ha avuto il merito di riscoprire il carnevale cagliaritano. Per il film più innovativo ha vinto «Room 11, Ethiopia Hotel» del giapponese Itsushi Kawase. Le motivazioni parlano di esplorazione antropologica e intervento cinematico minimalista in grado di creare un’interfaccia fra lo spazio della camera e il mondo esterno dei “bambini di strada” etiopi. Infine c’è stato un ex-aequo nella sezione che doveva valutare il miglior film prodotto e ambientato in Paesi del Mediterraneo. In questo caso la giuria, composta dagli studenti del workshop di antropologia visuale tenuto da David Mac Dougall (Maria Jesus Cueva Mendez, Monica Dovarch, Susan Ecca, Elena Moreddu, Antonio Maria Pusceddu, Domenico Sergi, Petar Veljacic), ha premiato «Vjesh/Canto», di Rossella Schillaci e l’israeliano produzione israeliana «Yoel, Israel and Pashkavils» di Lina Chaplin. Il primo documenta i canti tramandati da generazioni e le storie di vita delle donne di origine albanese di San Costantino e San Paolo Albanese, in Basilicata. Il secondo è il gustoso ritratto di due eccentrici personaggi della società “Haredi” di Gerusalemme. Il direttore dell’Isre Paolo Piquereddu, nel dare appuntamento alla quindicesima edizione che si terrà nel settembre 2010 ha insistito sulla capacità del cinema etnografico di attivare un dialogo con persone di luoghi lontani caratterizzati da culture e valori sociali diversi.
Gianluca Corsi